Parco del Subasio

In qualche modo contrapposto all’altipiano di Colfiorito si erge maestoso, dalla pianura della Valle Umbra, il massiccio del Monte Subasio da cui prende nome la Comunità Montana. Il Monte, diviso e nel contempo collegato all’altipiano di Colfiorito dal bacino del fiume Topino, vede alle sue pendici uniti i comuni di Assisi, Spello, Foligno, Valtopina e Nocera Umbra.

Il Monte di Assisi, come era chiamato nel Medioevo, rappresentò sempre una proprietà comune della città ove i cittadini esercitavano il diritto di pascolo e di legnatico. Il legame con la città di Francesco, che da sempre lo contraddistingue, ha dato al Monte un valore, non solo estetico naturalistico e storico-culturale, ma lo ha intriso di un senso di profondo misticismo e di spiritualità ove, ancora oggi, è possibile ritrovare un’oasi di pace e tranquillità. I primi insediamenti sul Subasio sono fatti risalire agli Umbri anche se negli scritti compaiono solamente dal primo Medioevo, Il nome ha origini sacre e ciò sembra derivare dal dio Sabasio, divinità della vita vegetale nei suoi aspetti più vari poi assimilata a Bacco. Nei secoli passati anche il Subasio era, a differenza di oggi, circondato diffusamente da folti boschi di querce dai quali emergeva solamente la brulla e arrotondata cima. Già dai primi anni del 1200, il Monte di Assisi inizia a subire i primi disboscamenti per “il miglioramento dei fondi” e per l’esercizio del pascolo.

Nel 1223 il Comune di Assisi obbliga i priori, che incameravano i fondi raccolti per le concessioni, ad acquistare 200 raserie di ghianda e 50 salme di castagne per incrementare il patrimonio forestale. Dopo tale periodo si viene a costituire la “Proprietà collettiva del Monte Subasio” che protrarrà la sua attività fino al 1926 e che costituisce uno dei primi esempi, in loco, di gestione “pubblica del Monte”. Sempre nel Medioevo inizia l’utilizzo della pietra di Assisi con sfumature bianco-rosate che viene utilizzata per la costruzione di chiese e basiliche nonché per i maggiori palazzi della città, comportando l’apertura di grosse cave che ancora oggi compaiono lungo le pendici del Monte. Dalla preoccupazione di un razionale utilizzo del bosco in relazione alle utenze, si passa dopo il 1450 ad un tentativo di stretta tutela della foresta che parte dal bosco di lecci dell’Eremo delle Carceri come ci testimonia lo Statuto del 1469 ove si legge:

” Quod silva comrnunis quae est circumcirca ipsum Carcerem non vendatur nec incidatur per comune Asisii nec possir pasturan “

All’opera dei Benedettini e di altri ordini religiosi si deve la conservazione di aree boscose di rilevante interesse naturalistico. In tal senso: il Monastero di San Benedetto, l’Eremo di San Vitale, il Monastero di Sant’Angelo di Panzo, l’Eremo delle Carceri. Verso la fine del XVI sec. la condizione dei boschi del Subasio va peggiorando per i continui dissodamenti operati nella zona per estendere le coltivazioni. La mancanza di boschi favorisce il degrado della zona che, a causa del dilavamento del terreno non più ostacolato dalle alberature prima presenti, fa perdere lo strato fertile e tanto materiale da rendere inefficienti gli stessi molini presenti lungo i torrenti alle falde del Monte.

Dopo il 1600 le numerose limitazioni apposte al taglio dei boschi impediscono il totale depauperamento del patrimonio boschivo che subisce però un durissimo colpo dopo il 1800 quando il cardinale Consalvi incoraggia la trasformazione dei boschi cedui in oliveti. Il bosco d’alto fusto subisce inoltre un drastico ridimensionamento per lo sfruttamento delle fustaie utilizzate per la costruzione di imbarcazioni. Agli inizi del 1900 il Subasio presenta il massimo stato di degrado tanto da motivare l’apposizione di vincoli.
Fin dal 1931, per cercare di porre rimedio all’ insana politica di sfruttamento che aveva trasformato la vecchia foresta assisana di lecci, faggete e quercete in un brullo paesaggio, tutta la zona, passando dalla proprietà del Santuario di San Francesco alla gestione dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali, fu oggetto fino a quota 1000 di un forte rimboschimento di conifere.
Dopo il 1977, in seguito al decentramento amministrativo la proprietà demaniale, per ca. 3.500 ha. venne trasferita alla Regione dell’Umbria che, a sua volta nel 1979, attribuisce per delega la gestione alla Comunità Montana.

Ruggero Guerrieri